All'alba, di Gioele Tuveri.
Il racconto All’alba, di Gioele Tuveri, ha vinto il concorso Tracce, categoria A (under 20).
CLASSIFICA FINALE DELLA CATEGORIA A, CONCORSO TRACCE.
1) All'alba, di Gioele Tuveri (anni 13).
2) Se c'è posto tra le nuvole, di Maria Vittoria Soda (anni 19)
3) Il confronto, di Claudia Anedda (anni 18).
Il nonno entra nella mia stanza. Fuori è ancora buio.
Mi chiede se voglio uscire insieme a lui per mungere le pecore. Io, spazientito, rispondo: “No, nonno. Te l’ho già detto, non ho voglia”. Allora lui, affranto e rassegnato, richiude la porta e si avvia alla stalla.
Ormai mi ha svegliato, mi alzo per andare in bagno. Uscendo continuo a pensare a tutte le comodità della vita normale: il bagno in casa, l’acqua corrente… Non c’è nemmeno campo!
Già al paese giù in valle non conoscevo nessuno, almeno potevo chiamare i miei amici, qui invece, sperduto in mezzo alle montagne, non posso fare neanche questo. E il nonno si sveglia pure presto ogni singolo giorno! Non li capisco proprio ‘sti montanari. Né il motivo per il quale i miei mi hanno lasciato quassù.
“Ti farà bene!”, mi hanno detto, ma a me non pare proprio.
Mi lascio alle spalle l’odore di formaggio affumicato della baita ed esco nel pratone dove finisce il bosco. Un freddo pungente mi sfiora le braccia, facendomi venire i brividi. Guardo per un attimo la montagna di fronte a me, attirato da un bagliore che arriva da dietro, mentre tutto il resto è ancora immerso nell’oscurità.
È l’alba. Non l’avevo mai vista prima, e rimango incantato a guardarla.
Intravedo delle nuvolette, lì, dove salirà il sole. Ci sono ancora delle stelle, poche luci che presto svaniranno. Ma la cosa che mi colpisce di più è la luna. Piccola, a forma di “C”, sembra l’unghia tagliata nel lavandino. Riesco a vederla tutta, compresa la parte nera non illuminata, non mi era mai capitato nemmeno questo.
Il tutto comincia a schiarirsi, il blu profondo, quasi nero, della notte diventa più chiaro, e dietro la montagna riesco a scorgere del violetto opaco, che fa risaltare gli alberi in cima. Potrei contare i rami.
Il blu chiaro si trasforma in violaceo, a la luce dietro gli alberi azzurra. È un azzurro denso, per niente forte. È una luce che non si estende per molto, infatti solo davanti a me si vede il chiaro dell’alba, a nord e sud è tutto ancora scuro, come se ci fosse un confine segnato dai colori che si contrastano.
Le stelle ora sono difficili da trovare, la luna si alza nel cielo e allo stesso tempo si rimpicciolisce, ma si riesce ancora a scorgere la parte in ombra.
Il gallo canta la sua sveglia, è segno che la giornata sta aprendo i battenti.
I colori si fanno più accesi, e quel confine immaginario di poco fa è meno evidente. L’azzurro prevale, le stelle hanno fatto il loro tempo, da dietro la montagna spunta ancora il viola. Il gallo canta ancora, e sento degli schiamazzi provenire dall’alto dei rami; sono gli uccelli che si svegliano a vicenda. Sono cinguettii diversi da quelli del giorno, più acuti, più articolati. Inizia uno, poi risponde l’altro e l’altro ancora. Loro non si accorgono di noi, e noi non ci accorgiamo di loro. Il nonno, che ogni mattina si sveglia prima di loro, non ha tempo per fermarsi a guardare il cielo schiarirsi, gli uccelli cantare… Invece io, catturato dall’incredibile magia di questo momento, con tutta la calma del mondo, godo di questa immensa fortuna. Forse tutti dovremmo poterne usufruire, perché l’alba non è una cosa ovvia.
La prevalenza dell’azzurro è durata poco, e ora arrivano anche l’arancione e il giallo, il viola diventa un magenta chiaro, tutto a formare delle strisce, corsie orizzontali nel cielo. Ora riesco anche ad intravedere, pur sempre nell’ombra, gli alberi e le radure sul pendio, e non più solo quelli in controluce.
Ancor prima che sorga il sole è già tutto colorato e acceso.
Il nonno sta tornando dalla stalla, con un secchio pieno di latte in mano. Con la sua faccia affranta da nonno deluso dal nipote, mi saluta e, prima di entrare nella baita, mi chiede come mai sia fuori di casa così presto e coperto in modo superficiale. Io mi “risveglio” dall’incantesimo che per quasi un’ora mi aveva catturato, e gli rispondo che ero andato in bagno. Lui annuisce non molto convinto e fa per entrare in casa ma io lo fermo: “Nonno, domani mi insegni a mungere?”.
Lui mi rivolge un sorriso a trentadue denti e risponde che non vede l’ora. Insieme entriamo in casa, e lui, più felice che mai, mi mette una mano sulla spalla.
Gioele Tuveri