Inizia mercoledì 21 ottobre il corso di autobiografia tenuto su Zoom da Rossana Campo (qui la pagina fb, qui la pagina Wikipedia).
Un corso per… penne roventi, in cui l’autobiografia sarà il taglio per confrontarsi con la propria scrittura, la propria creatività e la vitalità personale spesso sepolta – ma ancora lì.
Saranno dieci incontri di due ore circa, a partire dalle 18.30, durante i quali i partecipanti (ci tiene a sottolineare Rossana) lavoreranno. L’apprendimento arriverà insieme al divertimento nel confronto con la pagina, la stesura, l’inchiostro.
Il confronto col gruppo.
Il costo del corso, per venire incontro alle nuove restrizioni, è di € 300 per tutti i dieci incontri, iva e contributo all’associazione compresi.
Per info e preiscrizioni scrivete a corsinottola@gmail.com
Ecco la descrizione del laboratorio da parte di Rossana:
“Mi è sempre piaciuto portare in quello che scrivo qualcosa di non addomesticato, in lotta contro ‘la letteratura’ come te la insegnavano a scuola. Qualcosa che è legato alla mia storia, credo, e alla lingua che si parlava in quello che è stato il mio mondo fino ai vent’anni. La scrittura e la lettura sono entrate nella mia vita come enormi possibilità. Come un dono, e un atto politico (nel senso bello del termine, ovvio). È stato infinitamente liberatorio per me trovare delle parole che altri uomini e altre donne avevano trovato a loro volta per raccontarsi e raccontare qualcosa della vita che uscisse dagli schemi, dal perbenismo, dall’ottica del si dice o non si dice. Ho sempre prediletto le scritture autobiografiche, quelle che lo sono spudoratamente e anche quelle che indossano giusto un leggero velo, un sottile strato di finzione, forse per non allarmare i guardiani della Letteratura, ma poi, appena ci entri dentro, quello strato comincia a sbriciolarsi sotto i tuoi occhi, e lo senti subito, forse dal ritmo del testo, o dalle pulsazioni del tuo cuore che accelerano, che quelle frasi e quei paragrafi si sono formati direttamente dalla vita di chi li ha scritti, sono zampillati dalle sue vene, dalle sue passioni, e dai suoi incubi notturni.
Ho un debole per i libri che hanno il sapore dell’autenticità, della necessità, il racconto di vite vissute con rabbia, piene di problemi, sgangherate, lacerate, però raccontate in modo vitale, divertente, sincero. Alcuni libri mi hanno salvato la vita. Mi hanno trasmesso quella speciale magia che è propria dei buoni scrittori: dare una forma a quello che sentiamo, ai fatti che ci succedono e che potrebbero annientarci. Gli scrittori che amo e che ho amato sono sempre stati i miei grandi amici, i compagni di viaggio, sapevano usare i fatti dell’esistenza tenendo uniti gli orrori, le delusioni, la fame e la sete, la solitudine con uno squarcio di grazia, di speranza, di bellezza. Sapevano raccontare gli amori, le famiglie, la pazzia, l’amicizia mettendo giù le cose come stavano: sì è tutto folle, ma è anche stupendo essere qui nel grande gioco della vita e provare a giocare.
Scrivere in questo modo è anche terapeutico. Ma la parola terapia mi pare qualcosa di troppo asettico, una roba da dentisti e da istruttori di yoga, mentre quello che ho in mente è più simile a questo: se il dolore ti tiene stretto, se la noia e la banalità stanno ammazzando la maggior parte delle persone, puoi fare un salto, puoi sempre saltare su e tuffarti nella scrittura. Io sono vivo e voi siete morti, diceva Philip K. Dick. E finché avete un quaderno e un paio di penne siete ancora completamente vivi. Mi piacerebbe portare le persone del mio corso a fare un giro nelle loro parti meno addomesticate, e scrivere qualcosa che abbia questo tipo di energia”.