Il Raccoglitore di ricordi è attestato per la prima volta in un’opera inizialmente attribuita a Giovan Leone Sempronio (1603-1646) e che invece qualche studioso ora attesta come facente parte di un carteggio tra Galileo Galilei e un suo discepolo padovano; non è ben chiaro chi dei due ne fosse il redattore, ma la data corretta pare retrodatarsi al 1636.
Tale mestiere era di uso nelle corti della Serenissima: quando un nobile subiva un qualche distacco, fosse fisico o emotivo, dalla donna che egli di nascosto amava, il Raccoglitore di ricordi – di solito un giovanetto – si recava dalla stessa, approfittando della propria costituzione fisica minuta e della relativa agilità, per recuperare segretamente ogni accenno alla passata relazione.
Infilava quindi in un sacchetto di tela o seta, detto “utero” per la conformazione, le piccole bigiotterie, le lettere, le statuine, gli ori. Di solito veniva lasciato un solo ricordo della passata unione, molto spesso chiaramente indicatore l’identità del nobile stesso (fosse esso: un sigillo, o un messaggio siglato), per lasciare alla donna la possibilità ultima di svelare il legame.
Il più noto Raccoglitore di ricordi della storia è stato di certo l’ultimo, Cosimo Mutu (1977-1995), nato a Cremona da genitori rumeni. Iniziò la professione a soli sedici anni; grazie a un passato da equilibrista, è rimasta notoria una fuga per i tetti e i cannoni in rame della città dalle tre T. Nell’ultimo appartamento ripulito si introdusse anche nell’account della ragazza lasciata per eliminare ogni messaggio sconveniente. Il commissionario, un 37enne concessionario di auto di lusso, non gli diede alcunché da lasciare temendo di poter essere rovinato; pare che Cosimo, sentendo entrare in casa il marito della donna, si sia attardato per scrivere un biglietto firmato come d’uso con scritto “Scusa”.
Morì colpito al cuore da un colpo di fucile a causa di questo vezzo; il giornale del giorno dopo titolò Giovane ladro rumeno ucciso in via del Giordano.