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PENELOPE STORY LAB
Scuola di scrittura

Mestieri dimenticati #3. Il letteraio.

Il mestiere del letteraio, uno dei più poetici attestati all’interno di questo nostro studio, è caduto in disuso perché troppo spesso confuso con quello, assai utile ma meno circostanziato, dello scrivano.
Il letteraio, o litteraio secondo il Barbieri (De la nobbile arte de lo speditore di littere amorose, pagg. 6ss.), è attestato nel regno delle due Sicilie già a partire dal 1750, in particolare nella città di Gaeta; successive testimonianze hanno visto il mestiere nell’impero Ottomano subito dopo la Guerra russo-turca e nello stato della Chiesa, nonostante diversi appelli del Papa a eliminare del tutto la figura causa “sicuro danno a la moralitate” (da un’epistola di Pio VI).
Il letteraio, figura di indubbio spessore culturale e operante di solito in borghi molto piccoli vòlti alla scomparsa, redigeva lettere d’amore eterofirmate per incrementare il numero di nascite e quindi aiutare la comunità dall’interno. Si dice che il primo passo fosse quello di munire il portalettere di una lettera d’amore siglata dal portalettere stesso, del tutto ignaro; questi la portava a una donna “dal bacino largo et da la etate prolifica”, e rapidamente il primo atto si compieva.
In seguito proseguiva la sua opera di sensale coinvolgendo le fanciulle e i fanciulli, che abbandonavano le loro lamentazioni singole per lamentazioni di coppia; e non trascurava coppie di mezz’età, sia per sviare l’attenzione, sia per una romantica volontà di coinvolgere l’intera cittadinanza. Le lettere erano composte da un misto tra la dotta dissertazione filosofica, lo spunto popolano e qualche folie erotica destinata a smuovere anche i più incorruttibili; motivo per cui non ci sentiamo di dissentire con chi indichi come letteraio uno scrivano sotto copertura, o il dottore del paese, o il maestro.
L’ultimo letteraio attestato defunse nel 1932, in pieno fascismo, nel napoletano. Il suo nome, da antichi documenti, risulta essere Tonino Scaramozzo (o Scaramuozzo, secondo un’altra dicitura). A lui si ispirò sicuramente Totò nella scena dello scrivano in Miseria e nobiltà; scrivano che, dalla riproposizione di una lettera già scritta, possiamo senza indugi dire: letteraio.

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