Michele Orti Manara (Verona, 1979) vive e lavora a Milano. Ha pubblicato tre libri: Topeca, Il vizio di smettere (Racconti 2018), Consolazione (Rizzoli 2022).
Ha una newsletter che si chiama Penelope; e quindi non potevamo non chiamarlo – tanto più che sostanzialmente ci doveva un racconto, per motivi che ora non stiamo qui a dire.
Del racconto potrei dire tanto; credo sia bello leggerselo e ridere, e cogliere, sotto il lato comico della storia, una sorta di animo drammatico che traspare da lì sotto. Provate a leggere la frase che parte con La seconda cosa che volevo dirvi, e capite cosa intendo. Umberto Eco diceva di Totò qualcosa del tipo che dietro la sua maschera che ride c’era l’intera popolazione di Napoli con le sue miserie; non ho potuto fare a meno di pensarci, leggendo questo racconto.
Che, lo sapete, è la cosa più bella che leggerete oggi.
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Buongiorno mi presento sono Ugo Lampreda.
Ho trovato il vostro annuncio di lavoro sul giornale e mi sono detto che è proprio adatto a me. O almeno mi pare di sì ma poi giudicherete voi. Ci mancherebbe. Intanto però mi sono detto di scrivere una lettera per iniziare a conoscerci e poi vediamo semmai per il colloquio.
La prima cosa che volevo dirvi è che ho 51 anni. Ho sempre pensato che vivrò fino a 100 quindi diciamo che ho appena superato la metà. Sono un uomo fortunato da questo punto di vista. Ho ancora tempo per fare un mucchio di cose. Non so perché lo penso ma anzi più che pensarlo io lo so per certo che morirò a 100 anni. Difficile spiegare come faccio a saperlo. Comunque andiamo avanti.
La seconda cosa che volevo dirvi è che io non uso internet perché mi fa orrore anche se non so di preciso cosa sia perché appunto non lo uso. Però una volta dal telefono di un conoscente mi sono cercato sul rotore di ricerca e ho visto che di Ugo Lampreda ne esiste anche un altro. È un pilota di aerei mi pare. Be’ quello non sono io. Ve lo dico per correttezza. E comunque per il vostro lavoro non è richiesto di pilotare aerei quindi dovremmo essere a posto. Se serve posso comunque chiedere al mio amico se mi scrive l’indirizzo della pagina internet e ve lo posso portare poi al colloquio. Di più al momento non posso fare. Intanto però vi prego di tenere presente che se per caso mi cercate anche voi be’ quell’Ugo Lampreda non sono io. Ci tengo a ripeterlo perché sarebbe spiacevole se vi aspettate quello e invece arrivo io.
Sempre per la stessa correttezza non vi mando neanche il mio curriculum anche se dall’annuncio era richiesto. Non lo mando perché tanto per cominciare non mi piace mentire. Soprattutto non mi piace mentire a chi mi sta per dare un lavoro. E se vi mando il curriculum ripulito dalle bugie e dalle esagerazioni che tutti quanti mettono nel curriculum mi resta solo una lista di lavori che non mi hanno insegnato niente e non servivano a niente. Mi hanno dato da mangiare questo sì e mica è poco. Ma insegnarmi qualcosa quello no. E quindi mi pare inutile che ve li elenco. Vi interessa dove ho fatto panini o dove ho spostato scatole e dove lavato panni sporchi? Non credo. Quella è roba che non interessa a nessuno diciamoci la verità.
Poi una cosa importante. Nell’annuncio si dice che è richiesta la capacità di lavorare in gruppo. Su questo dobbiamo capirci. Le persone che mi piacciono a me piacciono molto. Ma davvero molto. Mi affeziono in fretta e una volta affezionato io per quelle persone mi butto anche nel fuoco. Lavorarci assieme meglio ancora. Meglio di buttarsi nel fuoco dico. Se però vedo che uno mi prende in giro o non è sincero io non ci vedo più. Mi viene su proprio una rabbia che quasi non sono capace di trattenere. Quindi sempre per correttezza vi devo dire che prima di essere sicuro di poter lavorare in gruppo io avrei bisogno di conoscere il gruppo. Se mi piace tutto andrà benissimo. Se non mi piace allora meglio se rinuncio al lavoro e amici come prima. Meglio per me meglio per voi. Credo sarete d’accordo.
Vedo che nell’annuncio non si parla di soldi. È giusto così perché è una cosa da cafoni. Parlarne dico. Non da gentiluomini diciamo. Mia madre diceva sempre che un vero signore non parla mai di soldi e di sesso. Gran donna lei. È morta un paio di anni fa a 77 anni e mi ha dato un dolore che non mi è ancora passato. A essere sinceri quella storia di arrivare a 100 anni pensavo che valeva anche per lei. Ma non ne ero sicuro come lo sono invece per me. Ci speravo ecco. Comunque i soldi. Io non sono uno che ha troppe pretese. Vivo solo ho una casa di proprietà e spendo poco. Però non sono neanche uno che si fa sfruttare. Quindi bene non parlarne subito ma neanche poi troppo tardi. Quel che è giusto è giusto no? È giusto.
C’era un’altra cosa che avevo pensato di scrivervi ma non me la ricordo più. Accidenti a me che non mi segno le cose. Magari mi torna in mente prima del colloquio e in quel caso ve la dico a voce. Che forse è anche meglio.
Insomma tranne quella cosa lì non c’è altro da aggiungere. Questa lettera volevo spedirla ma poi mi sono detto che era più elegante portarla direttamente a mano. Immagino che ormai lo saprete visto che la state leggendo. Solo che sono arrivato un po’ troppo presto stamattina e non c’era ancora nessuno. Porta chiusa e nessuno che rispondeva al citofono. Io pensando di darvela a mano non l’avevo neanche messa in una busta. Ma anche questo ormai lo saprete. Allora mi sono deciso e l’ho infilata così com’era sotto la porta del vostro ufficio. Tutta ripiegata in modo da non rovinare la parte scritta. E questa è l’ultima cosa che già sapete. Se vi sembra anche a voi che il lavoro può andare bene per me scrivetemi. Ci conto molto. Anzi ne sono sicuro che andremo d’accordo. Sicuro come la cosa dei 100 anni. La mia non quella di mia mamma.
Ah ecco la cosa che mi ero dimenticato. Mi è tornata in mente adesso e quindi la metto qui in fondo per non dover riscrivere tutto da capo. Le lingue. Non ne parlo altre lo devo ammettere. Ma credo che un modo per mettersi d’accordo lo troviamo comunque. Volendo. E io ve lo ripeto vorrei molto.
Ugo Lampreda
(non quello di internet)
©Michele Orti Manara
Fantastico !!!
Rido sul tram, e questo è un po’ sconveniente, ma non posso farne a meno.