Sconfiggi i 5 nemici della scrittura: errori più comuni e come evitarli (2/5)
Il personaggio
Ho chiesto mille definizioni del personaggio. Le risposte variano; la peggiore, e purtroppo la più comune, è: la persona a cui succedono le cose.
Partiamo da un punto: quello che si intende lì è il protagonista; e no, personaggio e protagonista non sono la stessa persona, né svolgono la stessa funzione.
Ma comunque questa visione è rivelatrice: mostra l’idea, molto comune in questi anni, del protagonista come vittima della propria narrazione, anziché elemento di reazione alla narrazione.
Gli eventi possono colpire chiunque di noi, è vero. Ma prova a pensare: perché si parla di Rocky contro Apollo, e non di Hulk contro Apollo né di Sherlock contro Apollo? Semplice. In entrambi i casi, la storia non avrebbe senso: in un caso il protagonista non vivrebbe una sfida probante, nell’altro la sfida sarebbe fuori fuoco rispetto alla natura del personaggio.
Il protagonista non è la persona cui succedono le cose. È la persona che, all’interno della storia che lo riguarda, reagisce alle cose che gli succedono creando un arco di eventi articolato che ne ridefinisce desideri e azioni.
Uff.
E allora, in pratica, come si costruisce il personaggio? A me piace usare una definizione operativa.
Prima di tutto, ripuliamo il campo con una definizione: i personaggi sono le figure che fanno parte della storia – in Lebowski, i due Lebowski, Walter, Donny, il segretario dell’altro Lebowski, i nichilisti, Jesus, eccetera -; mentre il protagonista è, tra queste, l’elemento intorno al quale si snoda il maggior cambiamento all’interno dell’arco della storia.
In Lebowski, il Drugo.
Detto in parole povere, e un po’ imprecise, è il personaggio principale; quello che spesso porta il nome della storia, e che se devi dire “La storia parla di”, ti viene da continuare con “questo personaggio qui”.
(Non è sempre necessariamente vero, e per questo dico: solitamente. Il protagonista di Rocky è Rocky, il protagonista di Rambo è Rambo, ma quello di ET è Elliot; e per me è abbastanza evidente che il protagonista di Happy Days è Rickie).
Ed eccoci alla costruzione: mi viene da dire che in assoluto l’elemento portante di ogni personaggio è ciò che NON compare nella storia e che nessuno saprà. In termini tecnici, la backstory. Ossia: ciò che è stato prima.
Normalmente, si costruisce il personaggio con difetti fisici, caratterizzazioni e vezzi. Ma questa è solo l’apparenza: il personaggio nasce da un’oscurità, da un senso lontano, da una ferita, un vissuto; e tutto questo può essere mostrato o nascosto, ma c’è. Si può rivelare in seguito (per esempio: il passato di Hagrid o di Piton in Harry Potter), può apparire alla fine e far rileggere il film (per esempio: in Quarto potere di Orson Welles), si può riconfigurare (per esempio: la scena del funerale in Big Fish), o può restare non detto (come nella maggior parte dei casi); ma, più si sa del personaggio e del suo segreto, più questo lavorerà sulla carta anche senza sfociare nel detto.
Gestire questi elementi, e il loro sensato posizionamento della storia, darà finalmente vita e visione alla storia stessa, evitando che imploda su di sé. Integrare il personaggio sul conflitto evita anche un errore grossolano: che quel personaggio viva un conflitto interessante, ma non suo. Perché non lo faccia ci vuole un plot; ma del plot vi parliamo dopodomani, sempre qui.
Poi, se volete lavorare su ogni aspetto in una lezione di due ore, quindi: cinque lezioni in totale, confrontandovi sui vostri testi e integrando gli elementi volta per volta, venite a trovarci al corso Pratiche di scrittura creativa.
Là, vi aiuterò a mettere insieme ogni singolo pezzo di questo puzzle creativo, non lavorando solo sulla teoria ma anche sulla vostra pratica.
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Ho anche scritto, direttamente sul mio blog, un post sul segreto del personaggio. Potrebbe interessarti leggerlo.
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A lunedì
Ivano Porpora