Sconfiggi i 5 nemici della scrittura: errori più comuni e come evitarli (3/5)

Il plot
Forse avete visto il video in cui parliamo del pitch.
Perché è un elemento tanto difficile da gestire? Perché spesso fatichiamo a gestire la storia; a capirne gli aspetti pratici. E quindi odiamo pitch e sinossi perché sono strumenti di smascheramento: mostrano apertamente ciò che la storia è, e soprattutto ciò che la storia non è.
Questo articolo non può analizzarne tutti gli aspetti, perché nei corsi in cui parliamo di trama cerchiamo di capire la differenza tra scena e cartolina, tra scena e atto, e la gestione degli aspetti di leggerezza e pesantezza della storia.
Ma ci può venire in aiuto il titolo che abbiamo scelto. Se parliamo degli errori più comuni, ecco che uno di questi è proprio la citata differenza tra cartolina e scena. Proviamo ad analizzarla, aiutandoci con narrazioni che quella differenza la conoscono.
Vi ricordate per esempio Wingardium Leviosa, in Harry Potter?
In una scena, Harry Ron e Hermione si cimentano con differenti risultati sull’incantesimo durante la lezione del professor Vitious. In una scena successiva, l’incantesimo sarà fondamentale per sconfiggere il troll.
Il troll? Sì. C’è un troll nei bagni. In una scena, Ron e Hermione litigano. Nella scena successiva, Hermione si nasconde in bagno, e quindi è a rischio di essere colpita dal troll.
Ma perché c’è un troll? In una scena, si suppone che lo abbia introdotto Piton; in un’altra scena, si scopre che è stato – se ricordo bene – il professor Raptor.
Ecco la prima caratteristica di un plot ben congegnato contro un plot mal congegnato. Nel plot ben congegnato, le scene sono collegate l’una all’altra da legami logici e nessi causali. “A causa di questo succede quello”. Nel plot mal congegnato, le scene sono giustapposte, ossia: una dopo l’altra; e si cerca la forza nella scena stessa, non nel nesso.
Questo crea l’effetto-cartolina.
E allora, in pratica, come posso fare? A me, come sempre, piace dare indicazioni operative.
Prima di tutto, una sul plot: è detto anche intreccio, e consiste nell’indicazione della storia centrale costituita da nessi correlati tra le scene e articolato secondo una struttura ben formata.
L’indicazione operativa è questa: cercate sistematicamente di costruire legami che rendano le scene paragonabili tra loro per causalità, intensione, polarità.
Li vedo, i vostri volti.
Facciamo un esempio pratico.
Nella scena 6, il papà della protagonista la caccia di casa.
CAUSALITÀ. In una scena successiva, mettiamo la 8, vediamo la protagonista trovare rifugio dall’amica.
CAUSALITÀ. Riscriviamo la scena 4, in cui mostriamo il papà dell’amica che le dice: “Tutte le volte che vorrai venire qui, sarai la benvenuta”.
CAUSALITÀ E CONFLITTO. Riscriviamo la scena 4, in cui mostriamo il papà dell’amica che le dice “Prova a venire un’altra volta e ti denuncio”.
CAUSALITÀ. Riscriviamo la scena successiva, la 8, mostrando come la protagonista si nasconde in cantina.
INTENSIONE. La scena successiva, la 9, diventa un approfondimento sensoriale dell’esperienza in cantina. La nostra protagonista soffre di claustrofobia e aracnofobia, e si trova a contatto con le sue paure.
POLARITÀ. La scena 9 termina con una crisi di panico della protagonista. Scriviamo la scena 10 mettendola in levare: per un qualche motivo la protagonista trova sollievo.
Il tutto va poi intelaiato sulla struttura, ma della struttura parleremo a lezione. Ciò di cui parliamo qui è il dialogo; e sul dialogo ci serve un bel post. Ci vediamo sabato.

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Ho anche scritto, direttamente sul mio blog, un post sul segreto del personaggio. Potrebbe interessarti leggerlo.
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A lunedì
Ivano Porpora