Sconfiggi i 5 nemici della scrittura: errori più comuni e come evitarli (4/5)
Il dialogo
Il dialogo è uno strumento della narrazione talmente delicato che nel corso Pratiche di scrittura creativa lo lasciamo quasi alla fine. Perché anche questo è un elemento tanto difficile da gestire?
Prima di spiegarlo, partiamo da una precisazione. Questa è la nostra idea di letteratura. Non è necessariamente un’idea condivisa; ma va bene così. Quindi, troverete scuole che insegnano teorie diverse; teorie con le quali, ça va sans dire, non siamo d’accordo noi.
Ed eccoci all’idea. Il dialogo è difficile da gestire perché si tratta dell’unico momento narrativo nel quale la voce dell’autore non è univoca, e va spezzata in tutte le parti dialoganti. Fino a quel momento, il narratore aveva gestito ogni aspetto.
Leggiamo per esempio, da Fame di Knut Hamsun (Adelphi 2002, trad.it. di Elvino Pocar):
Mi fermai e la lasciai passare. In quel momento non sarei stato capace di proseguire, tanto mi pareva strana quella faccenda. Ero eccitato, irritato e seccato per via della matita: avevo anche mangiato troppo a stomaco vuoto. Ed ecco che un ghiribizzo improvviso diede una spinta ai miei pensieri: mi venne una strana voglia di far paura a quella giovane, di seguirla, di farla in qualche modo indispettire.
Knut Hamsun, Fame Tweet
Questa è la voce narrante. Non è l’autore che parla, non è Knut Hamsun che parla, né nella teoria né nella pratica; è una proiezione, che ha una sua morale, una sua voce, probabilmente una sua storia – che può non essere esplicitata, ma che, essendo in prima persona, fatalmente traspare dalla narrazione stessa.
E nei dialoghi? Vediamo Breaking bad, S01E04 (trovate lo script intero a questo link, mentre il video – anche in italiano – è a questo link dal minuto 4’28”):
HANK: I chased your aunt Marie here all over creation. I kept bugging her for a date, she kept saying no. What, I asked you, like, 50 times?
MARIE: Yeah, it was before they tightened the stalking laws.
HANK: [CHUCKLES SARCASTICALLY] Anyway, how about your dad here? That there's a good story, Walt. Tell him how you met Skyler. Uh-huh.
WALT JR: Mom was a waitress in Los Alamos, and Dad said that thing to you.
WALT: Well, actually, your mother wasn't a waitress, it was a summer job, and, um, she was the hostess and she also worked the cash register.Breaking bad Tweet
Sono quattro voci, cinque persone; e le quattro voci, e le cinque persone, sono riconoscibilissime. Non è più un’unica voce narrante, ma un profilo psicologico particolare e distinto per ogni persona. Hank è rozzo, burbero, di cuore, sicuro di sé. Usa termini poco raffinati perché non si deve scusare con nessuno; ma è comunque una persona che si prende cura degli altri. Marie è rigida, e anche nel sarcasmo mette una punta di durezza di troppo. Walt jr. si sta costruendo delle difese dalla sofferenza che vede in casa, e dalla sua situazione personale. Walt è ancora insicuro, il suo profilo sta cambiando; sentiamo dalle sue parole che è molto più malfermo di Hank, che non userebbe mai termini come bugging, chased: di fatto, ci tende a sottolineare che la moglie non era una cameriera, ma che era un lavoro stagionale con altre responsabilità.
Se vogliamo guardare a uno dei tanti errori nel dialogo, diciamocelo, il primo e più evidente è questo: far calare dall’alto una voce, e non chiederla ai personaggi. Anche nel romanzo? Anche nel romanzo, certo. Dipende sempre da cosa si chiede a un romanzo. Se scrivete un romanzo per dire le cose, ok; la cosa come lettori non ci interessa. Se il vostro romanzo è uno strumento d’indagine, ecco che le cose gigantesche accadono.
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Ho anche scritto, direttamente sul mio blog, un post sul segreto del personaggio. Potrebbe interessarti leggerlo.
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Ivano Porpora