Entro in farmacia, sotto casa. Si vede aprendo la finestra, o se si vuole scostando la tendina. È lì, con la pubblicità del Somatoline in vista.
Non ho mai capito a cosa serva il Somatoline; credo robe di cellulite, ma chissà.
“Buongiorno”, dico. Sono una personcina educata.
“Ciao”. Mi conoscono.
“Mi serve…”. Entra un cliente; mi zittisco. Quello sorride; mi guarda come se avesse già capito tutto. Chiede ciò che gli serve (un digestivo, mi pare di capire. No, non è vero che mi par di capire: ascolto proprio. Si lamenta anche del prezzo).
Aspetto che il cliente esca.
“Mi serve… Hai qualcosa per la memoria?”.
“Ho degli integratori tipo Multicentrum, oppure questo, aspetta…” e si mette a consultare il computer.
“No. Aspetta. Non per quello”.
“Dimmi”.
“È una cosa un po’ privata”.
Ci guardiamo intorno; non c’è nessuno. Abbasso comunque la voce. “Mi serve… Qualcosa che aiuti a disinfettare la memoria”.
Il farmacista mi guarda strano. “In che senso?”.
“Io… Mi manca una persona. E vorrei che non mi mancasse più”.
“La vuoi dimenticare?”.
“No! No! Non sia mai”. Mi accorgo di aver alzato la voce. “Scusa. È che… Niente. Voglio solo che pensarla non mi faccia più male. Più così tanto male”.
“Nel ricordo?”.
“Anche fisico. Mi fa male qui”, e metto una mano sullo sterno.
“Hai provato ad aspettare se la ferita si cicatrizza?”.
“Non si cicatrizza. Fidati”.
Mi guarda. Non dice niente; si apre il camice, mi mostra la ferita.
“Anche tu?”.
“Siamo tutti così”.
“E cosa faccio?”.
“Fingi. Sorridi”.
Prima di andare a casa compro del Somatoline. Me lo spalmo sulle gambe, su tutto il corpo, in faccia. Attendo che tutto il superfluo della mia vita se ne vada, assorbito magicamente dalla crema.