Grigio e caldissimo, di Viola Valéry.
Il racconto Grigio e caldissimo, di Viola Valéry, è arrivato terzo al concorso Tracce, categoria B (20-30).
CLASSIFICA FINALE DELLA CATEGORIA B, CONCORSO TRACCE.
1. L’unica possibilità, di Giovanna Marcianò (anni 26)
2. Il mare non è un cane da guardia, di Benedetta Barone (anni 28)
3. Grigio e caldissimo, di Viola Valéry (anni 27)
3 ex aequo. Segni, di Anita Cagnazzo (anni 29)
Ora dirai che sono ubriaca ma…sai che non ho il lavoro che vorrei, e che spesso non sono soddisfatta di me. Però c’è una cosa che ho scoperto nel corso degli anni. Non perché io sia speciale o perché sia qualcosa di così raro intendiamoci, ho solo fatto questa cosa e poi ho continuato a farla, e più la facevo più mi rendevo conto che questa cosa esiste, e più la faccio meno me ne frega di tante altre cose, anche del lavoro e delle mie braccia che mi sembrano grosse.
Non riesco più ad adagiarmi su quei punti fermi che hanno sempre tenuto in piedi la mia personalità, perché questa cosa che ho scoperto mi da di più. A volte provo a spiegarlo agli altri, cercando di non cadere in banalità o in retoriche new age. Qualcuno capisce bene a cosa mi riferisco, questo significa che ci sono molti di noi al mondo (anche se a volte non si direbbe). Gli altri per lo più scuotono la testa e assumono quella tipica aria scettica che si ha di fronte a una persona troppo ingenua o di un ottimismo un po’ patetico, ma io non mi scoraggio, perché cazzo, l’ho visto con i miei occhi, l’ho sentito.
Sono stata travolta da quell’elettricità una volta e poi mi ci sono immersa come se avessi visto un tesoro luminoso nelle profondità di un’acqua densa. E poi nei libri, nelle canzoni- non quelle d’amore nel senso classico del termine- e quando va bene anche in TV, ne ho sentito parlare diverse volte. È una materia impalpabile, che tutti provano a descrivere, un’azione, un “attraversare” ma anche uno “stare”. È uno spazio grigio, nel senso di difficile da definire e per questo terribile, ma anche caldissimo e davvero potente.
E una volta che ne fai esperienza lo stupore è così grande, e il risultato così ricco che non riesci a smettere. Ora ti spiego meglio: alle scuole elementari ero una delle più popolari della classe. S. invece era considerato il più sfigato di tutti. Lo chiamavano “patata” e “grande topo”, aveva un difetto di pronuncia e i baffetti neri ancora prima di compiere dieci anni. Io ridevo con gli altri quando lo prendevano in giro. Poi un pomeriggio, tornavamo a scuola dopo una gita, e S. disse qualcosa sui Pokemon, non ricordo cosa di preciso. Era ossessionato dai Pokemon, non come noi altri che ne parlavamo mantenendo comunque un certo distacco. Uno dei miei amici gli ordinò di stare zitto e io percepii la violenza di quello che stava succedendo. Fu una stonatura terribile, la mia prima esperienza di squallore. Senza neanche pensarci, ti giuro che non so cosa avessi quel giorno, dissi: “A me interessa, i Pokemon sono il massimo”. Mi avvicinai a S. e camminammo fianco a fianco di fronte agli sguardi contrariati, furiosi, confusi, degli altri bambini. Forse non riesco a spiegarti cosa corse tra me e S. in quel momento. C’era stato un vero scambio tra di noi. Lui irradiava una luce nuova e io potevo lasciarmi andare a quei lati di me che riconoscevo in lui. In quel momento non eravamo quelli di sempre, ma una sostanza unica, una melma, eravamo in quello spazio strano che si scopre quando si passa il confine. Un mostro rivoluzionario. Ho ripetuto quell’esperienza tante altre volte nella mia vita. Ho condiviso quello spazio strano con tante sconosciute e sconosciuti, e non c’è niente come il riconoscere il rispettivo imbarazzo dello stare al mondo, riflesso nei rispettivi occhi.
Stiamo l’uno di fronte all’altro, coraggiosi perché abbiamo scorto quel tesoro luminoso in fondo all’acqua. E questi scambi sono goffi a volte, ogni tanto ci si sporca le mani, alcuni invece sono lisci e limpidi. Quando finiscono e ci si separa a volte ci si sente completi, altre turbati, lì in luoghi di noi che forse neanche conosciamo ancora. Cioè, il punto è che quando si parla di diversità oggi ci si riferisce soprattutto al colore della pelle o al genere sessuale, no? Ma ti assicuro che ci sono infinite diversità, io le ho viste. Una sera ero in un locale alla moda a Parigi, ero uscita da sola, forse alla ricerca di quella sensazione. C’era questo ragazzo bellissimo che mi si è avvicinato e mi ha offerto della cocaina. Allora siamo andati in bagno, e ha iniziato a parlare. Aveva diciassette anni, era lì in città per lavorare come modello e non conosceva nessuno. Veniva dalla Croazia, e si sentiva solo. Eravamo noi due in quel bagnetto angusto, che in quel momento era come il centro caldo della terra, e la coca stesa sul suo i-phone appariva del tutto superflua a quel punto, perché in quello che mi diceva c’era il principio di un’infinità di cose più interessanti e misteriose. Io gli dissi che non volevo la coca, lui fece un sorriso triste e disse: “nemmeno io in realtà”. Allora uscimmo per poi mai più rivederci e restare per sempre con quel nostro segreto di solitudine. L’ultima volta che mi è successo è stato l’altra sera, eravamo sedute per strada di fronte a un bar, quando è apparso un gigantesco scarafaggio. Ci siamo alzate strillando, lo scarafaggio si è diretto accanto a un ragazzo e una ragazza seduti a chiacchierare, allora li abbiamo avvertiti e tutti insieme abbiamo avvertito un gruppo di signore lì vicine. Ridevamo tutti, improvvisamente uniti sotto il segno di quell’insetto, e le sue sei, o otto zampette. Capisco che detto così sembra le descrizione di un mondo troppo semplice, ma ti giuro che questa cosa può essere davvero spaventosa. Niente mi assicura che quelle fossero brave persone al di là del nostro scambio, e anzi questa cosa di cui ti parlo mi è successa con persone potenzialmente pericolose o incontrollabili, senza tetto conosciuti nella notte, e uomini con gli occhi iniettati di sangue. È successa anche mio malgrado con persone che non rispettavo e che erano diverse da me in modi poco semplici. Uomini violenti, o razzisti tipo, e donne che avevano fatto delle cose molto brutte. Ma è successa, e anche in quei casi tra di noi è corsa quella forza strana, questa dell’altro, quella del confine superato, e in quei momenti avevamo percorso distanze siderali per ritrovarci vicinissimi. Quindi lo vedi quanto è potente questa cosa, se la lasci accadere? Uno scarafaggio attraversa la strada, e diventiamo una cosa sola e vorremmo che quella cosa durasse per sempre, e questo mi fa pensare: abbiamo un bisogno viscerale di questo fenomeno grigio e caldissimo.
E da quando l’ho capito non posso più farne a meno e non riesco più a pensare in termini di quello o quell’altro, e non sento più di rientrare in delle categorie, perché mi sento troppo piccola, e allo stesso tempo potente perché cose così possano definirmi. Non so se mi credi pazza, ma una volta che ci si è avventurati così in là, non si torna indietro. Il desiderio di capire diventa troppo forte.
Non siamo muri, capisci? Voglio vedere cosa succede quando quella cosa dura più di pochi minuti, forse se mi spingo ancora più in là, forse qualcosa cambia. Spero tu non mi creda pazza.
Viola Valéry